Cosa si prova
La morte di un figlio è il dolore più grande. È anche la propria morte, perché si è come morti dentro, costretti a vivere in un continuo, estenuante, morire senza poter morire.
Il tempo si ferma tra un prima e un dopo e tutto si oscura: progetti, speranze, presente, passato, futuro.
La sofferenza è così acuta e lancinante che sembra insopportabile e si manifesta in modo diverso da persona a persona:
chi cerca di controllare e nascondere le proprie emozioni, chi invece non perde occasione per esternarle
chi vorrebbe parlarne sempre, chi non vorrebbe parlarne mai
chi desidera la solitudine, chi esige una compagnia costante
chi è sempre al cimitero, chi lo rifiuta categoricamente
chi espone in casa mille foto del figlio, chi toglie anche quelle che c’erano prima
chi vuole conservare immutato tutto ciò che apparteneva al figlio, chi lo rimuove subito
le mamme tendono ad avere reazioni emotive più intense, viscerali, e a parlarne con più facilità
i papà, invece, cercano di mascherare la propria vulnerabilità, spesso si tengono occupati per evitare di parlarne. Sentono la responsabilità di dover tenere i piedi ben saldi in un momento così sconvolgente per tutta la famiglia
Morire nel corpo
A causa del forte stress emozionale, il corpo cerca di difendersi come può:
si è come paralizzati, anche nello svolgere le normali attività quotidiane
ci si butta nel lavoro o in un’iperattività faticosa e autodistruttiva
è facile scoppiare a piangere in modo inaspettato e incontrollato
ci si sente esausti anche dopo aver dormito
i ritmi sonno-veglia sono alterati: o si soffre di insonnia o si dormirebbe ad ogni ora
anche il rapporto con il cibo cambia: o ci si rifiuta di mangiare o si mangia troppo per cercare di riempire in qualche modo il vuoto lasciato
si possono manifestare tachicardia, forte sudorazione, capogiri, emicranie, attacchi di ansia e di panico più o meno ricorrenti, con il rischio di scivolare in uno stato depressivo
si può avvertire come una specie di peso sul petto che rende il respiro affannoso
si è totalmente disinteressati alla propria salute e alla cura di sé
Morire nella mente e nelle emozioni
Ci si sente colpiti da una sorte ingiusta e malvagia, scaraventati in un vortice insensato e crudele, che sconvolge il proprio mondo psico-emotivo:
la mente è in uno stato confusionale, dominata da un senso di smarrimento e di distacco da tutto ciò che non riguarda l’accaduto
si perdono le sicurezze e i riferimenti di prima
all’inizio si cerca di negare l’accaduto, increduli di fronte ad una realtà così atroce. Gradualmente, si diventa consapevoli di quanto accaduto, ma emotivamente lo si rifiuta, si fa fatica ad accettare una morte così assurda, incomprensibile, innaturale
si sente un vuoto incolmabile, senza fine, che non può essere riempito neppure dalla presenza e dall’affetto degli altri figli
spesso non si è in grado di controllare i propri pensieri, ci si sente fuori di testa
i dettagli del tragico evento martellano ossessivamente la mente senza tregua, giorno e notte, accompagnati da tanti sensi di colpa, rancori, rimpianti, dubbi, perché
non si riescono più a fare le cose che prima sembravano normali, la mente è altrove
si cerca di recuperare le fila della propria vita, ritornando alle attività quotidiane, ma tutto è cambiato
si ha tanta rabbia nel cuore, verso se stessi, per non aver saputo o potuto evitare l’accaduto, verso il mondo intero e, per chi aveva fede, anche verso Dio
Morire nelle relazioni e negli affetti
Si è tentati di chiudersi in se stessi, nel proprio dolore e nel proprio mondo, perché nessuno sembra in grado di capire. Così facendo, si corre il rischio di rimanere imprigionati nel passato e di allontanarsi dal presente.
Anche se parenti ed amici cercano in ogni modo di essere vicini, il mondo si divide automaticamente in due: “chi ha vissuto lo stesso dolore” e “chi no”
Un dolore così grande può rafforzare oppure deteriorare le relazioni interpersonali
Nelle famiglie unite, dopo lo shock iniziale, i rapporti riprendono in modo più intenso e profondo
Al contrario, peggiorano se tra i membri della famiglia vi erano già divergenze e incomprensioni: ognuno tenderà a chiudersi e ad isolarsi ancora di più
Si ha la convinzione che nessuno, nemmeno i familiari, sia in grado di comprendere quanto soffro io oppure si è convinti che tutti provino gli stessi sentimenti, negando così ogni differenza e la possibilità di un confronto e di un dialogo
Si tende a sfogare la propria rabbia facendo emergere rancori, ferite, gelosie, critiche, colpe
Anche nella coppia, se l’unione è ben radicata, il dolore diventa risorsa per affrontare l’evento insieme, altrimenti genera incomprensioni, tensioni e conflitti
Un genitore traumatizzato dal dolore è spesso incapace di superare il proprio stato di anaffettività, di chiusura del cuore, nei confronti degli altri figli e del consorte
Gli adolescenti, già messi alla prova da un periodo difficile di crescita, diventano ancora più vulnerabili e sensibili, bisognosi di dialogo e di attenzione anche se possono manifestare un rifiuto provocatorio
I bambini soffrono maggiormente la perdita se sono esclusi dal mondo degli adulti
Ognuno reagisce in modi e tempi diversi, che devono essere rispettati e accettati. Dipendono dalla relazione con chi è mancato, dalla vicinanza e dall’affetto che li legava, dalla personalità, dall’età, dalla storia personale, da come si sanno affrontare le avversità della vita, dalle circostanze dell’accaduto
Le relazioni con i parenti e gli amici di un tempo tendono a modificarsi perché non ci si sente compresi nel proprio dolore. Al tempo stesso, si va alla ricerca di nuove amicizie con persone che abbiano vissuto la stessa esperienza
Anche la relazione con la persona scomparsa via via si trasforma
Morire nello spirito
Sia chi ha invocato Dio regolarmente nel corso della vita sia chi lo ha accantonato sente nascere dal profondo del cuore, spontaneamente, il proprio grido di dolore verso Dio: Perché mio figlio?
Di fronte a tanto dolore si tende a perdere di vista gli obiettivi di prima.
La vita sembra non avere più alcun valore.
Ci si concentra sulla brevità della vita del figlio, perdendo la possibilità di andare oltre l’accaduto
E’ difficile riuscire a pregare o a seguire la santa Messa con partecipazione: il dolore inaridisce il cuore e lo inibisce
Anche chi credeva di avere fede, spesso, perde ogni fiducia in Dio. La lacerazione interiore può provocare una profonda ribellione nei suoi confronti, fino a ritenerlo responsabile della morte del figlio
Si mette in discussione il rapporto con Lui, il suo amore, addirittura si dubita della sua stessa esistenza. Ci si sente abbandonati, delusi per quanto accaduto. Si ha l’impressione che Dio sia indifferente al nostro dolore, il suo silenzio diventa intollerabile. Ma la ribellione verso Dio, pur esprimendo un momentaneo rifiuto, è una risposta comprensibile e naturale di fronte alla morte di un figlio, è parte del dialogo con Lui
Questi contenuti sono tratti dai libri “Il bene più grande” e “Perché mio figlio?” di Andreana Bassanetti, ed. Paoline.